Guidare il raft per il soccorso.
Mi è stato chiesto di pubblicare questo post, per dare delle info su questo argomento.
Cercherò di essere abbastanza corto nell'esprimere dei concetti semplici ma importanti.
Prima di tutto voglio fare una premessa: l'utilizzo del raft deve essere usato da personale preparato, che deve sapere le basi dell'autosoccorso, saper nuotare in acqua e fare soccorso anche senza raft.
Il raft non deve essere usato come mezzo per colmare le proprie lacune, può essere molto pericoloso, prima di salire su un gommone bisogna aver fatto un percorso di formazione sul soccorso in acqua. Chi non fa questo è pericoloso.
La prima domanda che vorrei porgere a chi utilizza un raft per il soccorso è questa:
"Mi potete dare una risposta su che differenze ci sono tra discesa raft commerciale e discesa con una squadra di soccorso? Quali differenze ci sono sia in termini di navigazione sia in termini di competenze?".
Qualche differenza ci dovrebbe essere, ma purtroppo le procedure che spesso usano le squadre di soccorso nascono con dei principi completamente sbagliati.
E' un po' come vedere pilotare Valentino Rossi e poi dire ai poliziotti in moto di guidare così.
E' normale che gli incidenti accadono. La discesa commerciale non ha niente a che vedere con una discesa per il soccorso.
Perché?
Discesa commerciale:
1 mi fermo in morta raramente
2 evito ostacoli
3 la guida è molto preparata (minimo 2-3 anni di esperienza tutti i giorni prima di diventare guida)
4 la discesa avviene su un tratto commerciale messo in sicurezza, conosciuto
5 si naviga un FIUME
6 la navigazione commerciale consiste nello scendere in maniera pulita scegliendo le linee più comode e sicure
8 in fiume abbiamo safety kayak o safety kataraft
9 le guide sanno risalire su un raft ribaltato e sanno tutte le procedure
IN EMERGENZA RICERCHE PERSONE, ALLUVIONE ETC..
1 mi devo poter fermare ovunque e dovunque, anche se non c'è la morta
2 cerco vittime dove ci sono ostacoli, quindi mi avvicino e navigo per andare dove c'è il pericolo
3 la formazione di chi è sul gommone non è proporzionata ai rischi che si corrono in intervento, quindi lettura fiume, gestione inerzie etc.. sono da tenere in considerazione
4 la discesa potrebbe non essere svolta su un tratto commerciale
5 potrei navigare in alluvione con pericoli ed ostacoli diversi dal fiume
6 la navigazione avviene non conoscendo il tratto, quindi ho bisogno di velocità di manovra e di poter sbagliare senza conseguenze fatali
7 spesso una squadra va in gommone in 4-5 persone senza kayak di sicurezza o altro
8 le tecniche utilizzate non andrebbero bene nemmeno se la guida fosse un professionista con 20 anni di esperienza,
9 non tutti i soccorritori sanno risalire su un raft ribaltato
Di punti ce ne sarebbero molti, ma non vorrei annoiare.
Vorrei invece analizzare una cosa.
Una squadra di soccorso in emergenza parte con 4 -5 uomini tutti sullo stesso raft.
La domanda è: "Se il raft si incravatta e uno cade in acqua gli altri cosa devono fare?
Un suo compagno si butta?
Tutti si buttano?
Nessuno si butta?
Preghiamo che il ragazzo in acqua riesca ad uscire da solo, ma se così non fosse?".
Stessa cosa se si cappotta il raft, con parte dell'equipaggio che rimane a tritare in un buco, che si fa?
E se siamo partiti in raft ed ad uno del gruppo succede un incastro da piede, gli altri 3 cosa possono fare?
E se in navigazione troviamo un passaggio difficile, piante etc.. in 4 ci si riesce a fermare bene?
E' più facile fermarsi con un gommone che pesa poco o con uno che pesa tanto?
In che conformazione di equipaggio è più sicuro il raft?
Queste sono delle domande alle quali non riesco ad avere risposte sufficientemente chiare.
Purtroppo gli incidenti accadono spesso non solo per scarsa capacità, ma per l'utilizzo di tecniche sbagliate, dal principio.
E' come quella persona che entra in fiume con le bombole vestito da subacqueo. C'è un problema di conoscenze e di valutazione.
Uno dei problemi è la formazione, forse dato anche dalla crisi economica, alla quale si cerca di fare fronte al meglio, con quello che si può.
Però penso che i docenti in questo contesti pericolosi debbano essere persone realmente capaci, che facciano questo di mestiere, almeno per insegnare cose corrette ed efficaci.
Perché rischiamo di trovare situazioni particolari:
Se voglio imparare a guidare il gommone, rischio di trovarmi un docente che ha pochissima esperienza.
Tra l'altro non è nemmeno detto che uno abbia fatto formazione. In alluvione si vedono molte persone con gommoni, senza aver fatto un percorso serio.
Qui sta la differenza. Non si pretende che un professionista del soccorso sappia fare tutto perfettamente, si può chiedere che almeno impari le cose giuste da persone realmente preparate.
Non basta avere una divisa, o uno stemma per non commettere errori.
Quello che mi preoccupa ancora di più è che i professionisti del soccorso dovrebbero pretendere la miglior formazione.
Quando parlo di professionisti, parlo di persone che decidono di svolgere un compito in maniera seria e professionale al di là della retribuzione etc..
Penso che ad un buon soccorritore non viene richiesto di salvare tutti. Ad un buon soccorritore si può chiedere di essere preparato al meglio delle possibilità, senza politica, né competizioni. Sono convinto che un soccorritore debba essere preparato per non avere incidenti, perché nessuno vuole che un soccorritore muoia per aiutare un altro.
Però purtroppo tutto questo deve lasciare posto a sistemi strani, a politica, a poca serietà e rispetto per il soccorritore. Poi ogni tanto si mette anche il soccorritore a non voler corsi professionali e duri, perché si scoprirebbe che non tutti hanno le capacità per poter operare.
Credo poco alla formazione interna, questo perché se una persona non lavora tutti i giorni in un contesto non può dare esperienze, novità, capacità di giudizio e lavorare sulla prevenzione.
Ad alimentare tutto ciò, c'è una poca voglia di essere preparati.
Ci sono squadre che intervengono nonostante non abbiano le competenze. Questo alza il rischio non solo a loro ma anche a chi è con loro. Inoltre questo modo di pensare fa male a quelle squadre che si allenano e si formano per essere consapevoli e più sicure in emergenza.
Tutto questo può non servire se su 100 squadre 10 sono preparate e 90 si sono autoformate o non sanno cosa stanno andando a fare. Questo è uno dei problemi per cui, quando si è in intervento come nelle alluvioni, i volontari rischiano di non essere presi sul serio perché molti non hanno competenze adeguate, eppure sono lì.
Il volontario non fraintendetemi, è essenziale e di vitale importanza, a livello nazionale.
Però sono convinto che il volontario è una persona altruista che decide volontariamente di mettersi a disposizione per gli altri. Questo però non vuol dire che non si debba essere preparati perché si è volontari.
Dovrebbe essere il contrario. Nel momento che posso decidere se lo voglio fare, lo devo saper fare.
Questo perché se a un tuo parente accadesse qualcosa, tu vorresti che chiunque arrivasse, fosse preparato veramente.
Se arriva l'ambulanza speri che ci sia un medico rianimatore con 50 anni di esperienza nell'emergenza, se hai la casa in fiamme ti auguri che il vigile del fuoco sia realmente preparato e sappia tirare fuori tuo figlio.
Ma, se nell'ambulanza arriva una persona che non ha fatto alcun corso, o si è autoformato da chi sa poco e male, come ti sentiresti?
E se nell'incendio arrivasse un vigile che non riesce a fare 2 piani di scale senza avere il fiatone, o non sa cosa vuole dire fuoco in una casa, come ti sentiresti se alla fine ti dicessero: ci dispiace ma siamo Volontari.
Il soccorso, qualsiasi esso sia, deve essere fatto in maniera seria e professionale.
La presunzione, il pensare di sapere, l'autoformazione fanno parte del meccanismo italiano.
L'Italia non è un paese perfetto ma questa mentalità non appartiene solo ai politici, ma a chiunque sia nelle posizioni di decidere, a chiunque possa dire no e non lo fa.
Sono convinto che ognuno di noi possa fare la differenza.
Purtroppo essere professionali non vuol dire solo saper fare un nodo, saper nuotare, o saper usare una pinza idraulica, questa è la punta di un iceberg.
La professionalità passa anche da chi decide di dare ai propri uomini la miglior formazione, da chi si documenta, da chi non fa scegliere alla politica o ai favoritismi su "chi deve fare cosa".
Purtroppo mi è capitato di vedere soccorritori remare contro una buona formazione: semplicemente perché difficile, semplicemente per non fare torti agli amici. Fregandosene della sicurezza personale e degli altri. Spesso noto persone al comando, a cui della sicurezza dei propri uomini, non interessa e purtroppo vedo troppo spesso che neanche i soccorritori ci tengono più di tanto.
Ad un certo punto si è smesso di volere la massima professionalità.
Io lavoro come professionista. Se faccio la guida rafting voglio i migliori docenti, se lavoro come maestro di canoa voglio il massimo, se lavoro come maestro di sci stessa cosa etc..
Il professionista non si nasconde dietro una patacca, perché deve riportare a casa chi soccorre o i suoi clienti. In montagna come in acqua.
Però in Italia non sempre è così. All'estero non c'è autoformazione, pretendono il massimo dai docenti.
Vorrei che il soccorso non fosse una gara per far vedere chi è più bravo, vorrei che fosse una gara per aiutare la gente.